TRASMUT-AZIONI
La palingenesi emotiva che scaturisce dall’arte impersonale di Mari Del Buono: quando ci si incontra con le sue opere è come se si scatenasse una tempesta interiore, cade ogni difesa, ogni maschera.
Le sue opere hanno qualcosa di unico e straordinario che, di fatto, le rende imparagonabili a qualsiasi altra opera d’arte. Osservare i suoi lavori è come osservare negli abissi più profondi dell’anima di ognuno di noi. I suoi dipinti sono come specchi che, attraverso la sapiente alchimia di forme e colori, rappresentano la multiforme e cangiante interiorità dell’essere umano.
Mari definisce la sua arte “impersonale” perché non rappresenta se stessa, bensì ogni possibile fruitore dell’opera: una capacità unica di materializzare emozioni su tela, facendole risuonare nella psiche dello spettatore per attuare una palingenesi emotiva; la magia avviene dal vivo, davanti all’opera.
Una spiegazione di ciò che avviene può esser data dalla teoria dei neuroni specchio: il cervello, attraverso i neuroni, entra in risonanza empatica con il dipinto e la psiche si equilibra con le emozioni trasmesse da esso; il dipinto diviene un atanor di trasmutazione e rinascita interiore.
Quando e come nascono i tuoi lavori?
“I miei lavori sono privi di tempo: nascono da sempre; ho una capacità innata di creare, elargire, donare. Mi sono sempre espressa con grande creatività: dai centrotavola natalizi e pasquali alle casette di zucchero – che poi regalavo alle feste – quando ero giovane, fino alla pittura anni fa. I primi dipinti nascono per caso, durante il mio percorso di vita che rappresentava la somma di tutte le mie varie abilità”.
Come descrivi il tuo stile creativo?
“Lo definisco impersonale poiché non nasce dalle mie emozioni, dai pensieri o da altro, ma nasce per caso, intuitivamente”.
Cosa rappresenta l’arte?
“È solo un semplice gioco di colori che, attraverso un meccanismo fisiologico che funge da mediatore nella comprensione dei comportamenti altrui, mi permette di entrare in connessione con le altre persone e l’arte stessa. L’arte non mi appartiene più ma, attraverso i neuroni specchio, diventa di coloro che si rispecchiano in essa”.
Qual è la filosofia, il pensiero, che dà vita alle tue opere?
“La filosofia è semplicemente quella di non utilizzare il pensiero mentre dipingo: colgo l’attimo di percezione, quel piccolissimo spazio tra un pensiero e un altro. Quando si è in assenza di pensiero si è in una forma di vuoto e, in questo spazio soltanto, può nascere la creatività perché priva di pensieri, di emozioni personali e di tutto ciò che ciascuno si trascina da un passato che non esiste più. È questo vuoto che permette di esprimere la creatività dell’attimo, del momento presente, del qui e ora”.
Quanto la natura ispira la tua produzione artistica e che rapporto hai con essa?
“Ho la grande possibilità di vivere in un bosco: sono circondata e immersa nella natura che considero arte pura; è la natura solamente che produce opere d’arte. Questa è arte. Un’arte che desta attenzione perché tutto, in essa, nasce, fiorisce e muore e nulla che gli appartiene è permanente. L’attenzione è vita e quando si è attenti a qualcosa il pensiero si ferma”.
La psicologia quanto influisce nei temi dei tuoi dipinti?
“L’interpretazione psicologica la ritrovo in coloro che scelgono il quadro. Riguardo a me, è dal colore scelto che capisco immediatamente il soggetto nel suo divenire: il passato non è che una memoria rinchiusa nell’archivio del cervello. È nel presente assoluto che si deve agire. Tutto in un attimo può cambiare, anche se non sappiamo quando sarà quell’attimo. Significa stare sempre attenti, senza i ricordi condizionanti di un ingombrante passato, piacevole o spiacevole che sia stato. Il passato è passato e non esiste più nel presente”
Cosa succede nelle persone che sono attratte dalle tue opere?
“Si rispecchiano nel presente e nel futuro con l’essenza di ciò che sono stati nel passato. Dipingo il presente e il futuro: nell’immediato, vedo un tracciato che va dal presente al futuro, proprio come può evolversi interiormente la persona lungo il percorso della propria vita”.
Come si differenzia la tua produzione?
“Sono partita con un messaggio di trasparenza. Il cristallo simboleggia la trasparenza di noi stessi con noi stessi. Poi sono arrivati i simboli, i colori e gli universi: un messaggio di unione perché è l’unico modo per sopravvivere, diversamente può arrivare qualunque cosa. Infine sono arrivate le cortecce degli alberi che generosamente mi vengono donate: ho incominciato a fare quadri con le loro forme uniche e strane, sono pezzi d’arte straordinaria; ogni frammento che cade da un albero ha una forma diversa che poi io coloro con il bianco, con l’oro, con l’argento; ma questa è solo una cosa in più al loro essere arte”.
Cosa ispira l’utilizzo del colore?
“Uso molti colori glitter: mi ispirano gioia di vivere alla giornata. Mi piace osservare lo scintillio, la luce, perché intorno a noi c’è molto buio, dato dall’incertezza assoluta. È da quest’ultima che nasce il disperato bisogno dell’essere umano di ricerca di certezza che, evolvendosi in conflitto, termina con la divisione”.
Come sono i tuoi ultimi lavori?
“Gli ultimi lavori sono molto diversi tra loro: dalle cortecce d’albero al gesso lavorato a mano, fino agli universi; in questo momento, sono gli elementi che mi attraggono maggiormente e li utilizzo con un significato di unione. Gli univers con i loro vari colori rappresentano l’unione di tutte le persone: un messaggio molto forte che mando a coloro che li guardano è di non spezzare il dono del mondo che ci è stato elargito”.
Quali sono le ultime mostre che hai fatto?
“Quest’anno ho esposto all’Art Festival di Spoleto, al Museo Augusta e al Museo degli Studi Patri di Gallarate”.
Progetti in corso e futuri?
“A Roma da Sergio Valente. Poi con il Museo Augusta a New York, appena la situazione mondiale si stabilizza, e successivamente una mostra a Dubai. Attendo, come tutti, l’evolversi di questa situazione: tra il vero e il falso, dato che non si sa nulla del futuro di ognuno di noi”.
Staccarsi da
una propria opera
“È come se andasse via qualcosa che non posso più ripetere. È qualcosa che si allontana – provo piacere e nel contempo un certo distacco che naturalmente avviene anche nella vita. È un saluto a un’opera che se ne va, perché non la potrò più rifare e non la potrò più rivedere”.